Le figure più importanti all’intero del castello di Porchiano, così come si possono studiare negli Statuti, erano prima di tutto il Vicario, poi il Consiglio generale, il Camerlengo, i Massari, i Sindaci, i Terminatori, gli Stimatori ed il Castaldo.
Il Vicario era la più alta carica politica ed aveva anche il compito di condurre la difesa del castello. Una volta nominato, egli doveva giurare che avrebbe portato avanti la sua opera secondo le leggi dell’epoca, davanti al Consiglio, al Camerlengo e sul Vangelo. Dopo aver preso possesso del suo incarico, lo doveva svolgere con grande attenzione e a questo scopo non poteva uscire dal castello più di due volte al mese, essendo importante la sua presenza in loco. Pagato venti libbre al mese più due ducati a semestre, aveva tra i compiti anche quello di leggere tutte le lettere in entrata e in uscita da Porchiano, apponendovi il sigillo e mantenendone nota in appositi registri. Aveva l’obbligo di occuparsi della giustizia tutti i giorni escluso le domeniche e altre festività, che erano accuratamente elencate. Nello spazio massimo di quindici giorni, eventualmente aumentabili di dieci per giusta causa, doveva esperire ogni sentenza, tranne in alcuni casi che erano di competenza del podestà di Amelia: omicidio, incendio, ratto, furto e lesa maestà.
Se possibile, convocava i litiganti nel palazzo e cercava di arrivare ad una conciliazione fra le parti; durante le udienze le porte del palazzo erano aperte affinché chiunque potesse seguire i dibattiti. Per i casi più gravi, poteva custodire i colpevoli in apposite celle. Se gli uomini venivano giudicati nel palazzo, per le donne, a causa di un’antica consuetudine, il dibattimento si doveva svolgere nella chiesa di San Simeone.
Il porto d’armi era concesso solo alle guardie, salvo i periodi di guerra in cui chiunque se ne poteva dotare.
I compiti del vicario erano comunque numerosi e spaziavano dalle ispezioni lungo i confini ai controlli all’interno del paese.
Molte norme ne regolavano l’operato, vigilando affinché non si verificassero abusi da parte sua. Ad esempio, non poteva andare nelle case dei privati asportandone oggetti, né ricevere ricompense di alcun tipo.
Al termine del suo mandato, doveva compilare un elenco con tutti gli atti compiuti, che veniva visionato accuratamente.
Accanto al Vicario, c’era il Consiglio generale, i cui membri partecipavano alla discussioni importanti al suo fianco, talvolta anche nei procedimenti giudiziari. Composto da otto membri, rinnovati di anno in anno, avevano incarichi che ruotavano ogni due mesi e anche loro prima di cominciare avevano l’obbligo di prestare giuramento.
Ovviamente durante il loro ufficio erano dispensati dal prestare vigilanza di giorno e di notte, incarico che invece dovevano espletare tutti i maschi adulti a rotazione, e spesso erano in collegamento con il Camerlengo per diverse attività che riguardavano le entrate del paese.
Era loro compito anche quello di custodire gelosamente una delle chiavi dell’urna che conteneva il sigillo del castello.
Pure per loro esistevano numerose prescrizioni che elencavano minuziosamente compiti e regole di comportamento. Nei casi in cui si fosse verificata una difficile interpretazione delle norme vigenti degli Statuti, la loro volontà doveva essere accettata dal Vicario.
Fra i compiti più curiosi, vi era quello di nominare le guardie “celate”, che avevano l’incarico di denunciare gli eretici, i bestemmiatori, gli empi, i sodomiti e i giocatori.
Il Camerlengo invece aveva una carica di sei mesi ed era preposto all’economia del castello. Il Vicario e i Consiglieri giuravano nelle sue mani, e a loro gli doveva poi descrivere ad ogni riunione la situazione economica del castello stesso. Al termine del suo operato, relazionava al Vicario e al Consiglio la sua attività. Egli custodiva la seconda delle chiavi dell’urna contenente il sigillo del paese.
Il Castaldo detto anche Messo aveva il compito di eseguire gli ordini su mandato del Vicario, del Consiglio o del Camerlengo.
Egli effettuava le citazioni, era presente nel palazzo durante l’amministrazione della giustizia e doveva fare nei luoghi preposti i bandi che gli erano stati assegnati. Inoltre doveva suonare le campane del comune per riunire il Consiglio o per altre necessità. In alcuni specifici mesi dell’anno, doveva bandire la ripulitura delle fontane, dei fossi, delle strade e la potatura delle siepi.
I Massari erano in due e venivano eletti dal Consiglio generale. Il loro compito era quello di disporre dei beni della comunità suddividendoli fra i richiedenti. Inoltre ne compilavano gli inventari.
I Sindaci venivano eletti dal Consiglio generale per un anno e controllavano l’amministrazione del Vicario alla fine del suo incarico e anche del Camerlengo. Più in generale, dovevano difendere i beni patrimoniali pubblici e adoperarsi in tutto ciò che poteva costituire il bene della comunità.
Gli Stimatori procedevano alle stime della terra della Curia, dell’operato del Camerlengo, di quello del Vicario e operavano anche a favore di chiunque ne avesse fatto richiesta, dietro compenso.
I Terminatori infine, avevano il delicato compito di apporre i termini di proprietà comunale e quelli fra i vicini, dietro pagamento di un compenso. Inoltre controllavano con particolare attenzione le vie comunali e vicinali, verificandone la perfetta agibilità e in caso contrario ne ordinavano il ripristino.