In varie pubblicazioni cartacee e su alcuni siti web, è raccontato che la fondazione di Porchiano è riconducibile a quattro famiglie (Ercolani, Panezi, Peracchini e Corsi) giunte dalla Corsica. La considero una tesi ragionevolmente non attendibile, perché in tanti secoli di storia non è possibile che nessuno dei quattro ceppi dinastici non si sia estinto. È probabile che sia una storia/leggenda riconducibile al medio evo, quando guerre e pestilenze decimando intere popolazioni resero necessario un rapido ripopolamento. Necessità che castelli come Foce e Sambucetole in particolare fronteggiarono, accogliendo moltissime famiglie slave.
Da un accurato studio fatto sulle “Riformanze” della città di Amelia, da Frezza, Spagnoli, Quadraccia, Cerasi, riportato poi nei loro Almanacchi, e nelle più recenti Effemeridi del notaio Spagnoli, non c’è nessuna traccia delle quattro famiglie. Esse compaiono nella vita parrocchiale delle Confraternite, soltanto a partire dal XVII° secolo.
L’origine del paese probabilmente è riconducibile ad un accampamento militare romano (Phorziam Castrum), che poi servì come rifugio agli scampati di alcuni centri mal protetti come quelli di Agogliano e Luchiano; luogo quello del Castrum che era stato scelto proprio perché ben si adattava allo scopo difensivo. A causa della discesa di numerosi eserciti barbari (495/goti, 579/longobardi), e anche dei Bizantini (592) che a più riprese marciarono su Roma, passando per la via Amerina che costeggiava le nostre zone, questi piccoli centri pian piano persero la loro importanza fino a scomparire.
Per avere un po’ di chiarezza sull’antichità di Porchiano, credo che sia opportuno prendere in attenta considerazione due importanti documenti a noi pervenuti:
1°- è una pergamena del (1160) conservata nell’archivio comunale di Amelia, che è un rogito notarile stipulato in Luchiano tra la comunità Porchianese e quella Lugnanese in cui si legge che il 2 Giugno, di sabato, in Luchiano, sullo “spiazzo” davanti alla casa di Tuscolo, alla presenza di 3 Consoli della Città di Amelia, dell’Abate e di 4 Presbiteri dell’Abazia di S.Secondo, di 7 Presbiteri della Chiesa Cattedrale di Amelia, di numerosi Chierici delle predette Chiese, di 9 testimoni, del Notaro Berardo, di Lugnanesi, di Porchianesi e di tutti gli abitanti di Luchiano, prendeva la parola tale Lotario figlio del fu Bonifazio, di Rabarto. […]
2°- è una notizia tratta dalle Riformanze Amerine del 1416 (pg. 158), in cui si accenna ad una torre di difesa fatta costruire in paese, dal Pontefice Leone IV (847-855), distrutta poi per rappresaglia su delibera dello stesso comune, proprio nella data sopra citata.
È probabile che nella nostra zona ci sia stata anche una importante presenza agricola romana. Forse un allevamento di maiali per sfruttare i nostri boschi ricchi di ghiande, come ipotizza F. Masciovecchio? Il ritrovamento di molte monete romane, la fertilità del luogo, la vicinanza alla riva sinistra del Tevere assai frequentata dai romani, l’esistenza di alcuni ruderi non ancora datati ma che la tradizione orale ci ha trasmesso come “Porchiano Vecchio”, con un po’ di azzardo mi fanno pensare alla zona di Palliccio.
A prescindere, la storia di Porchiano è come un grande mosaico da ricomporre, i cui tasselli sono sparsi un po’ ovunque (Archivio Vescovile, Diocesano, Parrocchiale, Vaticano, Lateranense, Comunale, e quello di Stato in cui sembra siano confluiti anche quelli delle famiglie storiche dei Cansacchi e dei Farrattini).
1°(*)- dal libro (1981) “ Quando l’Amore è Grande”, del compianto Don Sandro Bigi. È uno studio storico e archeologico molto approfondito e serio, sulla vita di S.Fermina e Olimpiade vissuti a cavallo del III/IV° secolo a Luchiano ed Amelia.
2°(*)- dagli “Statuti di Porchiano” , tesi di laurea della dott.sa Lella Tiranti nell’anno accademico 1970/71. Trattasi di una ricerca storica molto capillare che tramite le “Riformanze Amerine” e gli “Statuti di Porchiano” (1378/1449), consente di farci conoscere dettagliatamente e con assoluta verità storica, la vita sociale, economica,militare e religiosa del nostro antico castello.
(Testo di Aldo Perelli)