E’ una esperienza raccontata da Gaetano Polzonetti, oggi arzillo novantenne, vissuta personalmente nell’ultimo periodo del fascismo. Come in tutte le province italiane, quell’estate anche a Terni venne organizzato dai gerarchi del regime un raduno di ragazzi appartenenti alle categorie Piccoli Balilla e Avanguardisti, rispettivamente compresi tra gli anni 8-14 e 15-18. Ragazzi che in seguito entravano come giovani fascisti nei fasci giovanili di combattimento per essere poi infine accolti a 21 anni nel partito. Organizzati e guidati da Sante Silvestrelli, Porchiano partecipò a quell’evento con un nutrito gruppo di ragazzi. Il nostro Gaetano, pur avendo un’età che gli consentiva di essere inserito tra gli Avanguardisti, considerata la modesta statura sfilò con i Piccoli Balilla.
Il raduno ebbe grande successo perché sfilò da Piazza Tacito a Piazza del Popolo, con tanto di inni, fanfare, bandiere, gagliardetti e stendardi. Al termine poi, come prevedeva il programma, furono condotti in un campeggio presso Piediluco, per trascorrere alcuni giorni di vita comunitaria con relativo indottrinamento. Dopo soltanto una notte di campeggio però, successe qualcosa che gli organizzatori sicuramente non avevano previsto: Gaetano con il suo amico Gogliardo Venturini, detto “Pisello”, fuggirono a piedi, per fare ritorno a Porchiano.
Le immediate ricerche fatte anche con le biciclette non ebbero successo, e i nostri fuggiaschi si fermarono soltanto a Fornole dove passarano la notte ospiti della zia di Gaetano, Genovina Agabiti. Raggiunsero Porchiano il giorno seguente, ma impauriti dalle ricerche e dal clamore che la loro fuga aveva provocato, fuggirono ancora e si nascosero nel campanile della chiesa parrocchiale di San Simeone. Scesero da quel nascondiglio soltanto quando la fame (allora, sicuramente non mancava), fu loro benigna consigliera.
Accusati di diserzione e di tradimento, inevitabilmente per lungo tempo dovettero subire il linciaggio morale in modo inesorabile. Immediatamente vennero tolte loro le divise, isolati dalla vita sociale del paese, e additati come esempio ignobile dalla stampa e in ogni cerimonia pubblica che ne desse l’opportunità. Certamente furono conseguenze figlie della politica e di una generale mentalità in cui la libertà del singolo, spesso soccombeva a schemi fissi e a ideologie autoritarie.
A distanza di poco tempo da quella vicenda, Gaetano e Gogliardo vennero completamente riabilitati, perché gli avvenimenti drammatici e folli negli anni che seguirono, resero loro giustizia e dettero pienamente ragione.
Quell’atto di disobbedienza non fu altro che il desiderio inappagato di libertà.
(Articolo di Aldo Perelli, apparso su Il Banditore di Amelia di dicembre 2017)