Nel novembre 1560 i rappresentanti della Comunità di Porchiano decisero di far costruire in paese un orologio pubblico, ma la difficoltà nacque nel reperire i fondi necessari. Si offrì di accollarsi il peso economico dell’opera, il sacerdote Berto Sturba arciprete della locale chiesa di San Simeone. Nel 1588 venne deliberato di far riparare il meccanismo non funzionante, o in alternativa di venderlo.
Nel 1621 con altra delibera decisero di farlo aggiustare con la spesa di 2 scudi, e l’anno successivo venne chiamato per farlo, l’esperto di orologi Fra’ Michelangelo. Altra riparazione fu compiuta nel 1625 da un orologiaro di Castiglione Montolmo per 4 scudi. Nel 1636 fu riparato nuovamente e fu progettato di aggiungere, al congegno, il dispositivo della ripetizione delle ore; per questo fu chiesto il permesso al Vescovo. nel 1749 l’orologio era nuovamente molto rovinato, così due anni dopo (1751) venne deliberato di acquistarne uno nuovo con la spesa di 60 scudi, e per l’incarico dei lavori fu indetta una gara di appalto. Parteciparono alla gara Nicola Franchi e Pietro Agostini di Amelia. Quest’ultimo si aggiudicò il lavoro con un’offerta al ribasso per 60 scudi, più la consegna dell’orologio vecchio. Il nuovo orologio venne impiantato e pagato nel 1752, data incisa ed ancora leggibile su un accessorio del telaio (supporto dello scappamento a verga, vedi foto).
Attualmente, dopo alcuni decenni di abbandono, per liberarlo il più possibile dalla ruggine e dal grasso ormai pietrificato, è stato smontato completamente in ogni particolare. Osservare in dettaglio ogni suo pezzo è veramente emozionante: i segni indelebili della forgiatura fatta a mano, l’accuratezza dell’assemblaggio dei bulloni e delle varie boccole, la precisione delle asole, gli espedienti per non ricorrere alla fusione, fanno percepire la bravura artigianale e l’inventiva del suo realizzatore.
Come non pensare a tutte le persone ormai anonime, che in questi secoli della sua storia, si sono dedicate con attenzione e premura ai suoi ingranaggi? In paese si ricorda che l’ultimo ad occuparsi della sua meccanica, è stato l’orologiaio Santino Della Rosa di Amelia, mentre l’ultimo incaricato dal Comune, alla ricarica e alla manutenzione ordinaria, è stato il paesano Valente Miliacca, conosciuto come “Valentino”.
Questo personaggio, assai creativo ed ingegnoso, era così preso ed innamorato del meccanismo affidatogli, che spesso progettava di trasformare in meglio la battuta della suoneria. La cosa non ha avuto seguito, perché l’orologio è giunto a noi in tutta la sua originalità.
Osservazioni queste che creano sottili e leggere sensazioni e che, a chi sa percepirle, danno il piacere di un grande appagamento.
Percezioni che ripagano anticipatamente per qualsiasi piccolo sacrificio dedicato al recupero di questo nostro storico macchinario.
(Articolo di Aldo Perelli, apparso su Il Banditore di Amelia di luglio-agosto 2017. La prima parte è stata pubblicata qui)